Gli anni ’80 e ’90: la dimensione internazionale
La macchina da caffè diventa un simbolo del Made in Italy e in tutto il mondo si beve l’espresso «come si fa in Italia»
"Se non siete curiosi lasciate perdere."
Achille Castiglioni
Gli anni Ottanta segnano un cambio di passo. Dopo il clima arroventato e pesante degli anni Settanta a livello politico e sociale, con l’Italia soggetta a un processo di stagnazione e inflazione del sistema economico che rischia di affossare il Paese, numerosi fattori contribuiscono alla sua ripresa: la flessione dei prezzi del petrolio, il ribasso del dollaro, il contenimento dei costi della manodopera, gli interventi pubblici di sostegno alle imprese, le innovazioni tecnologiche di processo e prodotto. La svolta avviene proprio nel 1980 con la “marcia dei quarantamila”, dove impiegati e quadri si ribellano alle continue pressioni delle organizzazioni sindacali e ai continui scioperi in FIAT. Da qui un rinnovamento velocissimo politico ed economico che cambia la struttura delle imprese e del mercato, sempre più aperto alla libera concorrenza con una crescente generazione di giovani ai posti di comando. Non solo le imprese private ma anche quelle pubbliche vedono risanare la loro situazione, tanto che nel 1986 l’Italia supera la Gran Bretagna sia in termini di prodotto interno lordo che pro capite. L’Italia “guidata” dai giovani indossa un abito più colorato, più internazionale, emulando gli inglesi e gli americani ma con uno stile ben definito.
Moda e design trainano l’economia e il made in Italy si afferma in un mondo che sta diventando sempre più globalizzato. Anche i produttori di macchine per caffè si affacciano sui mercati internazionali, ottenendo un successo pressoché immediato. È il periodo in cui l’industria elettronica italiana, insieme a quella dei primi computer, conquista i mercati occidentali, poi, a seguire, quelli più a Est con prodotti tecnologicamente avanzati. Lo stesso avviene nel settore delle macchine per caffè professionali, con un’eleganza, una personalità e uno stile unico, grazie alle creazioni dei maggiori designer internazionali. Con l’aumentare del benessere portato dal boom economico, l’Italia, già eccelsa nella moda, nel design e ambitissima come meta turistica, diventa sempre più rappresentativa come espressione di stile e bien vivre, dove il rito del caffè da bar e del cappuccino acquistano popolarità anche all’estero. Il made in Italy diventa un vero e proprio marchio riconoscibile in un mondo lanciato verso la globalizzazione. Le macchine per caffè non perdono l’occasione di imporsi come simbolo della cultura dell’espresso e perfetta concretizzazione del celebrato design italiano, apparendo nei locali di tutto il mondo: l’elettronica porta a una semplificazione di uso unita a cura ed eccellenza prima inarrivabili.
Con FAEMA Tronic disegnata nel 1983 da Ettore Sottsass e Aldo Cibic nasce la prima macchina elettronica che, con la sua pulsantiera, consente di dosare la quantità di caffè erogato. L’apertura verso mercati in cui la specializzazione del personale non è paragonabile a quella italiana e l’automatismo è più diffuso, accelera lo sviluppo delle macchine “superautomatiche” ad automatismo integrale, in grado di erogare un intero menu di bevande a base di caffè e latte fresco semplicemente premendo un tasto. L’intervento dell’utilizzatore in grado di garantire un prodotto di qualità costante è molto circoscritto, così in ogni angolo della Terra si può gustare l’espresso “come si fa in Italia”. Questa apertura a nuove culture e abitudini di consumo diverse dal gusto italiano porta le aziende a progettare macchine per caffè espresso flessibili, adattabili alle necessità locali. È questo il periodo in cui nascono molte innovazioni tecnologiche atte a perfezionare sempre più le macchine per renderle di facile utilizzo, razionalizzando anche lo spazio a disposizione.
A inizio anni Novanta l’Italia si trova al quinto posto fra le potenze industriali, con la sempre più diffusa richiesta di conciliare i principi fondamentali dell’attività economica (competitività, produttività ed efficienza) con più ampi interessi, tra cui garantire la qualità del lavoro, accedere a nuovi processi formativi, tutelare la salute e l’ambiente. Nell’ambito delle macchine per caffè ciò significa migliorare l’efficienza energetica, ottimizzare l’uso, migliorare l’ergonomia, privilegiare nuovi materiali con minor impatto ambientale, prestare attenzione alla sicurezza e alla salute di utilizzatori e consumatori, garantire parametri qualitativi di processo produttivo e di prestazioni sempre più innovativi e sfidanti.
Nel 1991 l’ufficio tecnico FAEMA, in collaborazione per la parte estetica con Giugiaro Design, elabora un prodotto evoluto nel settore delle macchine tradizionali: la E91. Al design che si ispira alle linee armoniose dello storico modello E61, così da identificare un elemento di continuità con la tradizione dell’azienda, la E91 affianca una tecnologia di ultima generazione per il periodo perché equipaggiata con un microprocessore dalle prestazioni migliorate, che permette di programmare tutte quelle funzioni tese a ottimizzarne la facilità d’uso e la resa produttiva. In parallelo emerge la necessità di ridurre nelle macchine tradizionali le operazioni di sgancio e aggancio del portafiltro, rendendo i prodotti sempre più facili da usare per il o la barista. La Cimbali lancia così sul mercato, all’inizio degli anni Novanta, la superautomatica M50 Dolcevita, cui è possibile affiancare un modulo frigo per la corretta conservazione del latte, equipaggiando anche lo scaldatazze con uno sterilizzatore a lampada UV a garanzia di un’igiene ottimale.
L’avvento dell’elettronica, dunque, è sempre più determinante nello sviluppo della macchina per caffè espresso, perché consente di tenere sotto controllo numerosi parametri, migliorare le prestazioni e aprirsi, nei successivi decenni, a diverse possibilità evolutive. In Italia, intanto, dopo lo scandalo Mani Pulite, avviene la transizione tra la Prima e la Seconda Repubblica.