Armonia tra caffè e design, una sfida professionale
Valerio Cometti, ingegnere e designer, ha disegnato diversi modelli di macchina da caffè per Gruppo Cimbali e assieme all’architetto Balzanelli ha firmato il progetto del MUMAC: «Oltre che museo è un vero lascito culturale»
Valerio Cometti, ingegnere meccanico e titolare dello studio Valerio Cometti +V12 Design, nel 2007 inizia a collaborare con Gruppo Cimbali disegnando modelli di macchine da caffè, raccogliendo l’eredità di grandi designer del passato: la prima è stata la Q10 Barcode. «Prima di allora - rivela sorridendo Cometti - il caffè per me era solo un ingrediente del cappuccino». Cometti era consapevole che si trattava di una grande sfida professionale. «Nel passato, i maggiori designer internazionali si erano misurati con le macchine da caffè, quindi per me è stato un motivo di orgoglio ma anche una grande impegno, perché progettare questo prodotto è davvero complesso. Il mio studio ha lavorato per tutti i settori - dall’elettronica all’eyewear, dall’arredo all’illuminazione fino all’abbigliamento - e questo è sicuramente uno dei più difficili, dove il design non può prescindere dal dialogo con la meccanica». Conosce da vicino le aziende di Gruppo Cimbali (LaCimbali, Faema, Casadio) e ne rimane colpito. «Sono un’eccellenza nel panorama nazionale, una vera mosca bianca. Tutto è realizzato e concepito internamente: l’analisi di mercato, il progetto, lo sviluppo, la produzione, la vendita, l’assistenza. È incredibile».
Dall’M100 al MUMAC
Cometti si occupa prima del restyling della M24 e della M34, poi progetta la Q10 e la S30. I risultati, a iniziare dal Red Dot Award vinto da quest’ultimo progetto, così come il feeling sono buoni e la collaborazione continua. Gli commissionano il disegno di quella che sarà la macchina del centenario, la M100, l’ammiraglia, la più avanzata del settore, quella con cui LaCimbali vuole celebrare la storia del marchio e, nel contempo, proiettarlo verso il futuro.
Poi nel 2010 la sfida s’è fatta ancora più ardua: sempre in occasione della celebrazione del centenario il Gruppo gli chiede di progettare un museo dedicato alle macchine da caffè. Cometti coinvolge Paolo Balzanelli, architetto fondatore dello studio Arkispazio e con un solido background nella progettazione di allestimenti museali.
Un lascito culturale
«Abbiamo avuto carta bianca – ricorda Cometti – con due uniche raccomandazioni: che quello che si andava a progettare non doveva essere un museo d’impresa ma un lascito culturale e che avevamo solo 11 mesi di tempo per realizzarlo». L’edificio di 1800 metri quadrati dove ha sede il MUMAC, in precedenza era adibito a magazzino ricambi: «Abbiamo cercato di valorizzare le proporzioni del volume interno ed il soffitto a tegoli che è stato lasciato volutamente a vista. La realtà industriale nella quale è immerso il museo è stata un fattore stimolante e non una realtà da nascondere».
L’abbraccio al visitatore
Per valorizzare al meglio la collezione delle macchine, oltre alla reinterpretazione dei temi legati al mondo della macchina per il caffè, il disegno della facciata: «Sinuosa, che invita il visitatore in un abbraccio morbido che è metafora dei flutti dell’aroma del caffè caldo che si sollevano dalla tazzina». Fin dalla sua progettazione MUMAC è stato pensato per non essere soltanto un museo: «L’abbiamo concepito come uno spazio versatile dotato di diverse aree aggiuntive quali la caffetteria, le accoglienti sale meeting, il training center, la sala degustazione, la grande Sala Temporanea dotata d’impianti audio e video che ospita fino a 150 persone e che accoglie iniziative, manifestazioni, eventi culturali propri e di terzi in una cornice suggestiva». Suggestiva anche al buio, grazie al posizionamento di corpi illuminanti fra la parete esistente di cemento e la sinuosa facciata di metallo.
Sei stanze, poi l'esplosione
L’area museale propone un percorso ripartito in sei periodi storici, scansioni cronologiche del Novecento, secolo durante il quale la macchina da caffè è profondamente cambiata, accompagnando la cultura e il costume della nostra società. L’ultima sala presenta una pianta ad anello con un volume rosso centrale, all'interno del quale è ospitata un’installazione di grande forza espressiva, l’esploso della M100: «Così il visitatore riesce a cogliere i contenuti tecnologici e il livello di complessità».
Tre parole per descrivere il museo? «Esaustivo, stimolante, equilibrato».
Ora non possiamo fare altro che entrare.