Grazie al mio lavoro come fotografa sono venuta a contatto con aziende più o meno importanti, ma in tutte, mi ha colpito la cura e il grande lavoro che richiede la realizzazione di un prodotto. Ho iniziato a soffermarmi su questi aspetti diversi anni fa, con un’azienda che produceva etichette, soprattutto etichette per il vino: quante volte scegliamo una bottiglia rispetto a un’altra proprio per la sua estetica, dove per estetica intendo non solo la grafica accattivante, elemento fondamentale, ma anche per il tipo di carta scelta per la stampa? Ricordo che in quell’azienda c’era un mondo sotterraneo in cui metri e metri di scaffali altissimi ospitavano carte diverse per grammature, tipologie e colore, tutte catalogate e tenute sotto un controllo costante di umidità e temperatura in modo da dare i risultati migliori in fase di stampa. L’aspetto sorprendente era che tutto il processo di conservazione e selezione era automatizzato: il tecnico sceglieva il tipo di carta per la stampa dal piano di lavorazione e con un carrello automatizzato e ascensori interni questa veniva portata al piano superiore per l’utilizzo.
Dettagli di carta
Ogni giorno utilizziamo la carta: dal bagno alla cucina, dalla tavola ai comuni fazzoletti, ma non vi prestiamo la minima attenzione e, spesso, ne facciamo anche un grande spreco.
A Lucca, nella mia città, esistono molte cartiere e diversi processi di lavorazione: entrare in queste aziende offre l’impressione di entrare in un quadro futurista animato da macchine enormi alternate con grandi scale, dove i giochi di luce e i vapori di acqua – che raggiungono temperature elevate durante la lavorazione – hanno un fascino indescrivibile. In questi luoghi si produce e commercializza la carta tissue, ovvero quella utilizzata per uso igienico o domestico. L’intera catena di produzione è caratterizzata dal rispetto dei principi di sostenibilità, in primis l’acqua utilizzata che viene filtrata e riutilizzata in un procedimento a circuito chiuso per non essere sprecata.
Rispetto per il quotidiano
Sono processi di lavorazione così affascinanti che mi hanno ridestato la meraviglia nel fotografarli e mi hanno portato a osservare il quotidiano con più attenzione e rispetto.
Una delle mie ultime esperienze è stata proprio con la Cimbali, in particolare per l’anniversario dei 70 anni di FAEMA.
Da allora la mia sosta al bar per un caffè è decisamente cambiata: prima di tutto controllo il tipo di macchina e, se è una Faema – magari la mitica E61 che ha catturato il mio sguardo e il cuore – la giornata inizia con un sorriso… Mi rendo conto di essere diventa anche molto più critica, osservo i gesti del barista, controllo se pulisce il filtro durante la preparazione tra un caffè l’altro e se i gesti vengono eseguiti con l’attenzione che richiede questa specie di rito o in maniera distratta.
Cambiano le mode, le linee, e soprattutto i tempi che si vogliono in qualche modo accelerare. Ma penso sia bello invece soffermarsi a osservare i nostri gesti quotidiani attribuendogli un valore quasi “sacrale”, sia che si mangi un chicco d’uva osservando le sue trasparenze, come se si sorseggi un buon caffè ammirandone la crema perfettamente tigrata. E vado oltre: si può anche provare gratitudine per tutte quelle persone che hanno fatto sì che potessimo goderci quel momento: dalle donne che hanno raccolto le bacche di Coffee, a chi le ha lavorate, dagli esperti che hanno realizzato queste macchine per il caffè sempre più performanti e dalle linee accattivanti, fino i baristi che con passione trasformano in espresso questo energizzante naturale.
Credo fortemente che tutti noi ci potremmo meravigliare di quanto può migliorare la vita e l’umore se solo osservassimo con attenzione e soprattutto con un nuovo sguardo i dettagli che ci circondano.
Beatrice Speranza, nata a Lucca, si laurea alla Facoltà di Architettura a Firenze.
Gli studi contribuiscono a crescere la sua passione per l’immagine e la composizione, che unite alla sua sensibilità, fluiscono spontaneamente nella fotografia.
Le intuizioni di Beatrice Speranza nascono dall’osservazione del reale, dal desiderio di documentare mondi a noi quotidiani, che a volte guardiamo di sfuggita, e che stanno subendo dei cambiamenti a volte drastici (La Casa dei Libri, Portiere! Portiere! e Santi e Maddalene).
La sua forte curiosità e intuizione la porta a cimentarsi in diverse collaborazioni e sperimentazioni artistiche nel design, grafica, video e land art. Sono nate collaborazioni anche con scrittori come Andrea Bocconi e Margherita Loy (Presenze e Parole), Francesca Caminoli, Chicca Gagliardo e Pia Pera.
Con una ricerca intima e personale negli ultimi anni Beatrice sente la necessità di un ritorno all’artigianalità e interviene sulle sue immagini con piccoli ricami in filo di lana (Presenze).
Dal 2010 ha iniziato ad esporre i suoi lavori, sia di fotografia che design in diversi spazi espositivi in Italia come all’estero. Il suo lavoro è stato richiesto per comunicare l’immagine di grandi aziende come ITEMA (leader mondiale nella produzione di telai nel campo della moda), per i 70 anni di FAEMA (produttrice delle famose macchine professionali per il caffè) e per i 110 anni di Manifatture Norberto Pardini, leader italiana di prodotti per l’agricoltura e giardinaggio.