All’ADI Museum una pausa caffè di design

a cura di Margherita Pogliani Durante la Milano Design Week 2022 MUMAC ha organizzato la tavola rotonda “Heritage e design dietro le macchine per caffè“, in cui professionisti della cultura e del design italiano, moderati da Patrick Abbattista, Founder & CEO Design Wanted, si sono ritrovati all’ADI Design Museum, cuore pulsante della storia del design […]

a cura di Margherita Pogliani

Durante la Milano Design Week 2022 MUMAC ha organizzato la tavola rotonda “Heritage e design dietro le macchine per caffè“, in cui professionisti della cultura e del design italiano, moderati da Patrick Abbattista, Founder & CEO Design Wanted, si sono ritrovati all’ADI Design Museum, cuore pulsante della storia del design italiano, per riflettere su come lo stile, il design e l’innovazione siano oggi sempre più a servizio della Corporate Cultural Responsibility nella creazione di valore. Partendo dal volume “SENSO ESPRESSO. Coffee. Style. Emotions.”, che correla la produzione di un intero distretto del Made in Italy con un contesto più generale legato all’heritage, alla creatività e all’innovazione d’impresa italiana, diverse voci si sono alternate in un dibattito interessante e non scontato.

“Il caffè collega persone, esperienze, relazioni e fa parlare voci diverse affinché ciascuno si possa riconoscere in specifiche narrazioni”, ha anticipato Barbara Foglia, manager di MUMAC, invitando a sfogliare questo libro multisensoriale come fosse un museo in cui riscoprire tra le righe il gusto dello stile del nostro bel Paese.

“Una polifonia assoluta culturale e imprenditoriale – l’ha definito Michela Antiga, responsabile dell’omonima casa editrice -, che vuole condividere un percorso di design e tecnologia che non ha tempo e al contempo rappresenta ciascuna delle aziende coinvolte”. Aziende che da anni valorizzano il proprio impegno investendo non solo nella ricerca ma anche nella conservazione e condivisione di storie, prodotti ed esperienze uniche al mondo, come la fondazione Tipoteca che custodisce una collezione di macchine da stampa e di caratteri di piombo e legno.
“Ogni reperto rappresenta un pezzo di storia. Nei brevetti come nei documenti storici, nei libri come negli archivi digitalizzati (da quelli aziendali a quelli editoriali) abbiamo individuato tanti puntini collegati tra loro e che hanno caratterizzato la storia del caffè espresso, per tracciarne un senso e anche una memoria funzionale alla ricerca e sviluppo di nuove soluzioni”, ha specificato Edgardo Ferrero, Services Director Gruppo Cimbali.

 

Un puntino di questa storia è il 1962 con la Pitagora, unica macchina per caffè espresso professionale ad aver vinto un Compasso d’Oro, grazie – ha spiegato Giovanna Castiglioni, a capo della Fondazione Achille Castiglioni – “alla pulizia e all’estrema funzionalità progettuale che i fratelli Castiglioni azzardarono per questa macchina in un periodo in cui c’era ancora molta decorazione”.
Innegabilmente il 1962 è stato il terzo di un triennio magico: il boom economico spinto dalla ricostruzione postbellica ci ha insegnato che i momenti di crisi, accanto a situazioni anche disastrose, offrono l’opportunità di ripensare completamente gli oggetti. “Allora, come oggi – ha detto Antonella Andriani, Vicepresidente ADI – si guardava all’efficienza: la Pitagora ha efficientato il processo produttivo, perché ripartire significava anche offrire un caffè con macchine più veloci ed economiche da produrre. Oggi l’efficienza è espressa da una sostenibilità che diventa centrale anche nel prossimo Compasso d’oro.”

“Questo libro – ha sottolineato Antiga – ha il grandissimo pregio di avere un’impostazione molto forte, di grande impatto visivo, con una struttura rigorosa e un racconto facile da leggere e da apprendere per affrontare il nostro futuro, consapevoli di un passato che va oltre la storia che ha voluto esprimere”.

Una storia che caratterizza ogni eccellenza del Made in Italy, come ha fatto notare Elisa Storace, curatore del Museo Kartell che dista solo 700 metri da MUMAC. “Il nostro museo è stato uno dei primi Museimpresa, realtà associate dalla fine dello scorso Millennio per condividere una forte identità con partner affini, collaborando con entusiasmo per raccontare le proprie specificità ma anche le affinità elettive che sottendono ogni storia attraverso lo stile e l’emozione.”


“L’heritage, l’arte, il design permettono di avvicinare un pubblico sempre più ampio ai nostri musei”, ha specificato Silvia Adler, Project Manager MuseoCity, associazione che aggrega e innova sul territorio lombardo l’arte, la cultura, la scienza, il design e la tecnologia, con iniziative a supporto di progetti strettamente legati al mondo del design italiano.

“Essere stati è condizione per essere. La tradizione è salvaguardia del fuoco, non adorazione delle ceneri”, è stata l’apertura dell’intervento di Antonio Calabrò, Presidente di Museimpresa. “Caffè e conversazione, caffè e circolo, Caffè come rivista dell’illuminismo lombardo, evidenziano un processo che ha posto le radici di un modo di fare impresa che si ritrova nelle nostre storie d’impresa. Un adeguamento costante nel corso del tempo e anche un punto di aggregazione di relazioni che esprime un legame di comunità. Un modo civile di stare insieme che produce valore, ricchezza, cultura, in una forma di straordinaria attualità”.

Ecco che cultura, storia, futuro, innovazione, stile, made in Italy passano dalla capacità di tessere relazioni. E ADI accoglie queste relazioni in un arcipelago “dove le isole sono i saperi della vita e il mare è il design che le unisce”, ha affermato Andriani. “La collaborazione è fondamentale per essere inclusivi anche dal punto di vista culturale, presentando punti di vista plurali per conoscere il passato e capire dove possiamo andare. I musei diventano, quindi, luoghi di ricchezza, leva di sviluppo sociale, culturale ed economico. Da vivere in ogni sua espressione come un unicum che caratterizza l’Italia”.

Fioriscono così anche nuove iniziative, come Pausa caffè di MuseoCity, format originale di storie inattese ideato in occasione della pandemia per dare voce ai musei improvvisamente chiusi, come ricordato da Silvia Adler, perché – come ha sottolineato Calabrò – “il museo d’impresa è un assett custode di memoria e d’esperienza, un racconto di sé che permette di capire la storia che caratterizza l’impresa e di guardarla come un posto in cui costruire un futuro”.

Ne è esempio anche il museo Kartell, nato come fondazione di partecipazione per essere ponte tra la storia azienda e la creazione di cultura. Prestiti e attività sono, infatti, come al MUMAC, il cuore di una relazione che permette di rileggere la storia con uno sguardo esterno aprendo nuovi orizzonti. “È una continua sperimentazione – ha confermato Giovanna Castiglioni – di nuove relazioni tra persone o istituzioni e oggetti vivi, ancora oggi voci narranti che ci permettono di reinventarci ogni giorno”.

Gli spazi museali, le fondazioni, i libri stessi sono tutte raccolte che assumono così un ruolo sociale: “la sostenibilità – ha confermato Antiga – è anche fare cultura e unire storie facendo coesistere analogico e digitale, avvicinando un pubblico eterogeneo e trasmettendo valori validi in ogni mercato e contesto”.

Valori che segnano il tempo e celebrano la creatività e il saper fare delle imprese italiane.

Valori sempre vivi, che guardano al futuro consapevoli delle proprie radici, testimoni di una ricerca e responsabilità culturale senza fine, come attesta il grande pendolo digitale all’interno dell’ADI Design Museum di Milano che svela, un minuto dopo l’altro, immagini e storie di 110 musei d’impresa italiani associati a Museimpresa che continuano a distinguere il nostro saper fare nel mondo intero.

In fondo, “tutto si può copiare, tranne la storia”, ha concluso il Presidente di Museimpresa, Calabrò, concetto ripreso da Foglia che ha sottolineato come, oltre alla storia, anche la cultura non si possa copiare, ribadendo l’importanza degli spazi aziendali -produzione, archivi, musei- come elementi di Corporate Cultural Responsibility, organi vivi, sguardi verso il futuro consapevoli delle proprie radici, fuochi da tenere vivi per le generazioni future.

 

Qui puoi rivedere il video integrale della conferenza

Leggi qui l’articolo di Antonella Andriani 

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