Macchina, sostantivo femminile. Macchina intesa come opera d’ingegno “destinata allo svolgimento di un lavoro con notevoli margini di vantaggio”. Se a questo aggiungiamo la funzione di erogare una delle bevande più amate al mondo, piccoli gioielli solubili, ecco che la macchina del caffè assume anche il volto generativo, della cura, della presenza quotidiana, della vicinanza, del calore, dell’armonia e dell’equilibrio che si può degustare.
Nell’archivio storico di MUMAC ma anche nello stesso museo troviamo innumerevoli sguardi inediti di questa bellezza tanto riservata quanto ricercata ed elegante. Si può spaziare dal fiorito art nouveau dell’Ideale La Pavoni o della Vittoria Arduino, alla regale estetica decò de La Rapida che avvia la produzione de LaCimbali. Perfetto esempio di femminilità la fanciulla che domina l’Universal Mignonne del 1920.
Audace e spesso entusiasmante diventa via via l’estetica delle macchine per espresso, a partire dalla D.P. 47 di Gio Ponti, la Cornuta, definita “la più bella e preziosa macchina del caffè del mondo” per le sue linee sinuose, le sue forme scultoree, la sua tecnologia innovativa, che come spesso accadeva al mondo femminile, nascondeva la fatica del lavoro dietro le linee esteticamente perfette. Ma non dimentichiamo l’impatto della Gioiello, impreziosita da vere pietre preziose o della Saturno Faema, in bronzo e ottone, pubblicizzata da un’avvenente ragazza. O addirittura della macchina il cui nome è evocativo delle sue stesse sinuose forme: la Lollobrigida della San Marco del 1955.
Avvolgenti, seducenti sono quasi tutti i manifesti pubblicitari, che fin dalla sala degli Albori caratterizzano MUMAC: la “femme fatale” dell’inizio del Novecento diventa non solo status symbol ma emblema di naturalezza che fiorisce sulle stesse macchine da caffè. L’art decò reinventò la donna rendendola consapevole della propria forza seduttiva e non scontata. Elegantemente consapevole appare la donna negli anni ’50, attraverso pubblicità al femminile, secondo il gusto dell’epoca, che promuovevano il "Cimbalino": insieme alla macchina per caffè espresso professionale Gioiello, lanciata da La Cimbali nel 1950, nasce un nome nuovo per definire il caffè con la crema. "Cimbalino" diventa presto, grazie ad un’operazione di marketing ante litteram, il modo per chiedere il caffè espresso al bar: un caffè caldo, intenso, rotondo, cremoso, dalla tessitura tigrata color nocciola: il classico caffè espresso all’italiana. Omen-nomen, l’espresso si trasformò così da nord a sud in Cimbalino: “Crema-caffè intera, cioè il caffè perfettamente riuscito”, come recita un folder pubblicitario dell’epoca. L’idea di scrivere sulle mascherine delle macchine, su van promozionali per la degustazione, negli allestimenti fieristici e sulle tazzine l’espressione “Cimbalino” unita ad una grafica di invito alla sua richiesta da parte di poster e pubblicità al femminile, diventa veicolo estremamente efficace di diffusione del termine in tutto il mondo per indicare il buon caffè italiano, al punto che ancora oggi l’espressione è viva in alcuni paesi.
Negli anni ’60-70 l’emancipazione va di pari passo con la tecnologia: le nuove invenzioni rendono meno complicato e pericoloso preparare il caffè nei luoghi di consumo e la figura del barista diventa un ruolo che anche la donna comincia a ricoprire. Macchine come La Pitagora della Cimbali disegnata dai fratelli Castiglioni, pubblicizzata come la macchina che fa il caffè da sola, e la Faema E61, icona nel mondo dei bar dal 1961 ad oggi, con l’invenzione della pompa elettro- volumetrica, sono macchine che incorporano tecnologie in grado di consentire l’erogazione dell’espresso senza alcuna fatica. La macchina diventa così lo strumento che consente di sostituire la facilità d’uso allo sforzo e alla pericolosità della leva, sistema degli anni ’50, o addirittura della tecnologia a vapore degli albori che doveva essere governata da fuochisti in possesso di apposito patentino.
L’evoluzione tecnologica ci porta all’oggi dove la figura della barista traguarda quella della “baristas” o coffee specialist, che riporta l’attenzione sulla necessità di conoscere e assaporare il caffè, addirittura in qualche caso scegliendo e tostando i chicchi personalmente. Una generazione di nuovi professioniste e professionisti che tornano a comunicare col consumatore, sempre più consapevole. E le donne si distinguono anche nelle competizioni internazionali di latte art (una donna italiana è l’attuale campionessa in carica in questa disciplina) o nelle specialità “coffee in good spirits” o “french press”, dove, a dosare sapientemente gli ingredienti in un caso e la forza di estrazione nell’altro, e a vincere, spesso sono proprio le donne.
Per Archivissima 2020 e la Notte degli Archivi, MUMAC ha realizzato un video che attraverso immagini originali di poster, depliant, pubblicità degli anni ’50 tratte dal proprio archivio e dalla Library, svela una donna spesso protagonista di storie anche nell’house organ aziendale delLa Cimbali “La Caffettiera” e nella rivista dell’epoca “offee Club” distribuita nei locali dotati della propria macchina da parte di Faema o come autrice di libri come per esempio il volume “Aunt Martha’s corner cupboard stories about tea, coffee, sugar, rice” scritto da Mary & Elizabeth Kirby nel 1898, unico esemplare presente in Italia e in Europa.
Il caffè come corroborante non solo sociale ma anche artistico viene celebrato anche in un altro interessante volume che unisce musei e caffè: Un caffè al museo. Caffetterie dei musei d’Europa, anch’esso scritto da una donna, Maria Sole Pantanella. L’autrice illustra il concetto di museo moderno come un luogo di incontro culturale dove vari piaceri convivono: vi si può andare a vedere una mostra, seguire una conferenza, ascoltare un concerto nell’auditorium, fare acquisti al bookshop e infine godersi un espresso in uno dei punti di ristoro. Ne emerge un interessante itinerario artistico-gastronomico che solca l’Europa da Mosca a Lisbona, da Helsinki a Roma e culmina a Londra e Parigi.
Intrigante è anche il libro L’aroma del mondo: un viaggio nell’universo e nell’emozione del caffè di Elisabetta Illy, perché in fondo “Il caffè è il balsamo del cuore e dello spirito”, diceva Giuseppe Verdi. Proprio per celebrare la storia e la crescita di questa bevanda generativa e rigenerativa, è stato creato non solo l’archivio MUMAC ma anche la sua preziosa Library.