Tanti auguri al “padre del design italiano”. Nasceva oggi a Milano nel 1918, Achille Castiglioni (1918-2002) il designer che ha rivoluzionato l’industria del Novecento, trasformando con curiosità e ironia il quotidiano in straordinario.
La Pitagora
Vincitore di 8 Compassi d’Oro, un Compasso d’Oro alla carriera e 16 menzioni, Achille Castiglioni si distinse con il fratello Pier Giacomo anche nel mondo del caffè: la perfetta fusione di “fattori pratici ed estetici, progettati insieme”, gli ha valso, infatti, uno degli otto Compasso d’oro con la Pitagora, unica macchina da caffè espresso professionale vincitrice dell’ambito premio.
Il riconoscimento fu conferito nel 1962 da Pinin Farina che riconobbe nel design dei fratelli Achille e Pier Giacomo Castiglioni “un cosciente sforzo di razionalizzazione e di semplificazione nello impiego e nella manutenzione dello strumento insieme all’utilizzazione di un materiale nuovo in questo campo specifico per la carrozzeria di rivestimento; essa stessa correttamente concepita dal punto di vista produttivo ed estetico. L’oggetto si presenta pertanto inedito sia per la metodologia produttiva sia per l’incassamento totale del piano di lavoro e del piano porta tazze in continuità con la carrozzeria. Questo prodotto, pur presentando ancora dettagli formalistici, è quindi un risultato globalmente notevole specie in considerazione della responsabilità della progettazione di un prodotto di consumo collettivo”.
Osservare i gesti
In quegli anni il caffè era diventato pretesto per il momento sociale della giornata, dove la macchina diventava riferimento di tale convivialità. “L’importanza dei dettagli – ci spiega Giovanna Castiglioni, vicepresidente della Fondazione Achille Castiglioni –, che nasceva dall’osservazione dei gesti che l’uomo applicava in mezzo allo spazio, ha portato mio padre e suo fratello Pier Giacomo a ribaltare anche il concetto di macchina da caffè espresso. Pensiamo alla Cornuta di Giò Ponti che era molto bella da dietro; invece i Castiglioni sradicano il concetto decostruendo il corpo macchina, portandolo davanti a cliente. Con la Pitagora i baristi preparano il caffè con il corpo macchina davanti, sul bancone”.
Forma e funzionalità
Paradossalmente decostruendo la macchina hanno realizzato uno dei prodotti più significativi del made in Italy. Rispetto ai modelli precedenti, grazie alla modifica del gruppo idraulico, con Pitagora l’erogazione si attiva agganciando semplicemente il portafiltro. Innovazione riassunta all’epoca nello slogan ‘la macchina che fa il caffè da sola’. Dotata degli apparati tecnici più avanzati, la nuova macchina rappresenta il superamento delle valenze estetiche e strutturali imperanti in quel momento. Rame e ottone vengono abbandonati per l’adozione dell’acciaio inossidabile e del ferro verniciato. Così il tipico disegno della carrozzeria a curve morbide, tondeggianti e rigonfie, cui subentrano le linee pure e decise di una forma razionale, geometrica: cambiamento epocale nel design delle macchine per il caffè, quando il colore della carrozzeria figura segno nei segni di identificazione. Tra le tonalità testate s’impone il rosso.

Pitagora | Compasso d’ORO | Designer: F.lli Castiglioni
Industrial design made in Italy
Indubbiamente la Pitagora può considerarsi esempio di industrial design, con una stretta collaborazione tra tecnici e designer, in quanto alla sua realizzazione hanno contribuito in un unitario lavoro di squadra il Reparto Sperimentale della Cimbali, il signor Vittorio Cimbali e i fratelli Castiglioni.
“Il rapporto con le aziende, con i tecnici e gli operai era fondamentale per Achille Castiglioni”, conferma la figlia Giovanna Castiglioni che aggiunge: “Ancora oggi – in Fondazione non ci limitiamo a catalogare, ordinare, archiviare, digitalizzare e valorizzare il lavoro dei fratelli Castiglioni, ma studiamo anche come rieditare un pezzo, rimettendolo in produzione con variazioni coerenti con le nuove esigenze e tecnologie, attraverso un dialogo consapevole e costruttivo con l’azienda in questione”.
Dialogo e fiducia
Racconta una nota descrittiva dell’epoca: “Gli architetti Castiglioni, chiamati a collaborare alla progettazione, sono stati inseriti nell’équipe che lavorava attorno a questo progetto, in modo organico e a livello analitico. Il ‘discorso’, svoltosi prevalentemente in officina, accanto alle macchine di produzione, ha avuto premesse tecnologiche e funzionali, anche se formulato attorno ad alcune idee base di carattere puramente formale. Una conseguenza di questa stretta collaborazione è stata che i ‘tecnici’ sono stati sensibilizzati ai problemi formali e in tali termini hanno pensato le varie parti del prodotto e le attrezzature. (…) Naturalmente un impegno ampio e analitico come quello da noi voluto, ha costretto a un lungo periodo di studio e di progettazione (oltre un anno) d’altronde necessario per fare del disegno veramente industriale. Gli architetti Castiglioni conoscono ora tutte le parti della macchina per caffè e le relative lavorazioni.”
Il Prototipo
“Mio padre diceva sempre: se non siete curiosi lasciate perdere”, conclude Giovanna Castiglioni. Così non deve stupire se qualche anno fa fu ritrovata casualmente in un magazzino del gruppo Cimbali una delle prime macchine da caffè a uso domestico. Il prototipo risale al 1960, quando i fratelli Castiglioni progettarono una caffettiera da fuoco con il poggiatazze in pressofusione di alluminio e manopole in bachelite, portafiltro distanziato dal corpo macchina per evitare il riscaldamento della polvere di caffè durante la preparazione e un sistema di funzionamento definito a “pressione di vapore”.
Se non è geniale fusione di forma e funzionalità anche questa…
Nel 2018 la Triennale di Milano ha celebrato Achille Castiglioni (1918-2002) con una grande mostra monografica allestita e curata da Patricia Urquiola (sua allieva al Politecnico di Milano) con la collaborazione di Federica Sala.
La mostra era suddivisa in venti stazioni tematiche dedicate ai progetti del designer che ha rivoluzionato l’industria del Novecento, trasformando con curiosità e ironia il quotidiano in straordinario: dalla A di Alessi alla Z di Zanotta, passando da Flos e da architetture e allestimenti. «Castiglioni – ha dichiarato Patricia Urquiola in una recente intervista – mi ha svelato il valore del design, quando ancora credevo che l’architettura fosse un’arte superiore, il piacere di pensare un oggetto. L’ironia, il divertimento, il non prendersi troppo sul serio, anche quando si prendono molto sul serio le cose che si fanno».