De plantis Aegypti

De plantis Aegypti in mostra: la prima descrizione della pianta del caffè

Il Bon del caffè

Al MUMAC il prezioso De plantis Aegypti di Prospero Alpini, volume cinquecentesco che per la prima volta riporta l’immagine di una pianta del caffè, chiamata Bon. Mostrato per la prima volta in occasione di Museo Segreto MUMAC ne svela l’edizione originale, d’innegabile valore storico e culturale

 

La prima notizia avvenne sotto forma di dialogo. Era il 1592 e Prospero Alpini descriveva al suo maestro Guilandino nel De plantis Aegypti, alberi e arbusti, spontanei o coltivati, usati in Egitto per curare le malattie. Tra di essi spiccavano tre piante presentate per la prima volta sui tavoli europei: il caffè, il baobab e il banano.

Prospero Alpini oltre a illustrare per primo la pianta dai cui i semi (chiamati Bon) si preparava un decotto di caffè, descriveva anche la bevanda, molto usata in Egitto, chiamandola caova e magnificandone gli usi curativi. Allora in Europa non se ne sapeva niente e caso volle che nello stesso anno ne portò notizia anche un medico tedesco, Leonhard Rauwolf, che come lo studioso veneto non poteva immaginare la diffusione che i semi tostati di quella pianta avrebbero avuto nel mondo.

 

Dalla leggenda alla Coffea arabica

Il caffè, ha un’origine antichissima, che si perde tra storia e leggenda. Sicuramente alla metà del quindicesimo secolo si sorseggiava in Yemen: Linneo nella sua classificazione chiamò la pianta Coffea arabica proprio per la zona in cui era diffusa e omaggiò Alpini dedicandogli un genere delle Zingiberacee, l’Alpinia, proprio per ringraziarlo di alcune descrizioni tratte dal suo De plantis Aegypti che inserì un secolo e mezzo dopo nei suoi scritti.

Prospero Alpini

Prospero Alpini fu avviato alla carriera militare che ben presto abbandonò perché appassionato di medicina e di ricerca in luoghi ignoti. Fu così che partì da Venezia nel 1580 per l’Egitto dove soggiornò per poco più di tre anni, durante i quali studiò la medicina e la botanica locale. Frutto di questa avventura furono due testi De medicina Aegyptiorum (Venezia, 1591) e De plantis Aegypti Liber (Venezia 1592) la cui edizione originale è oggi conservata presso la ricca Library di MUMAC, la seconda biblioteca del caffè più grande del mondo con oltre 1.000 volumi dal 1592 in poi, suddivisi in 10 sezioni tematiche dalla storia alle ricette, dall’arte alla tecnologia, con 15.000 documenti tra manifesti, fotografie, cataloghi, disegni tecnici e brevetti.

 

 

La prima descrizione della pianta del caffè

De Plantis Aegypti  è un testo rarissimo e incredibile da ammirare, dove la descrizione della pianta del caffè e dell’uso dei semi tostati per prepararne il decotto detto caova viene così descritta: «Vidi nel giardino del turco Halibei un albero che produce quei semi comunemente chiamati Bon. Con questi semi sia Egiziani che Arabi, preparano un decotto molto conosciuto, che essi stessi bevono al posto del vino, e che viene venduto nelle pubbliche bettole, non diversamente che da noi il vino: e quelli chiamano questa bevanda Caova. Questi semi vengono esportati dalla ricca Arabia. L’uso dei semi Bon è notissimo a tutti», gli Arabi aggiungiamo oggi noi, perché per gli europei lo divenne solo dopo che Prospero Alpini lo descrisse nel suo De Plantis Aegypti.