Buono, cattivo. Caldo, freddo. Amaro, dolce. Bruciato, profumato, tostato. Cioccolatoso, floreale, fruttato, erbaceo: la lista degli aggettivi che possono descrivere le percezioni che associamo a un caffè sono innumerevoli. Ma non per questo poco importanti perché soprattutto in Italia l’espresso fa talmente parte del nostro quotidiano che spesso non ci soffermiamo nemmeno sulle impressioni che scatena per i nostri sensi. Ed è un peccato perché ogni tazzina ha dentro una storia incredibile, che nasce in ambienti così diversi tra loro e finisce con il consumo al bar. Una storia di passione, di continuo miglioramento, di ricerca, d’innovazione e soprattutto di gusto.
Abbiamo chiesto a Carlo Odello, consigliere e docente dell’Istituto Internazionale Assaggiatori Caffè (Iiac) di aiutarci a imparare a riconoscere i molteplici profumi che si sprigionano in una tazzina secondo una mappa sensoriale riconosciuta a livello internazionale. “Innanzitutto – ci risponde – ci sono alcune condizioni da rispettare legate all’ambiente, che deve essere esente da odori, illuminato in modo uniforme, con una luce di temperatura simile a quella solare, silenzioso, con temperatura e umidità confortevoli. In secondo luogo è molto rilevante il momento psicofisiologico, quindi consigliamo di assaggiare lontano dai pasti (per non provare né sazietà né i morsi della fame), in condizioni di serenità e riposo, ma anche in assoluta concentrazione”.
La tazzina
Per i cultori del caffè anche la tazzina vuole la sua parte: deve essere di porcellana, preferibilmente di colore bianco, per poter valutare ogni minima tonalità della crema, con fondo rotondo. “L’impatto del contenitore è rilevante – conferma l’esperto – tanto che lo Iiac ha messo a punto una Tazzina dell’Assaggiatore la cui ultima versione è stata realizzata da Club House. La Tazzina ha il compito di permettere un’analisi visiva, olfattiva e gustativo – tattile corretta, quindi presenta una sezione ellittica, spessore differenziato, adeguato spazio di testa e apertura della bozza adatta a non disperdere gli aromi”.
Mappa sensoriale del caffè
Come per i grandi vini, anche i caffè hanno una mappa di aromi riconosciuta che spazia dal ricordo della fragranza della crosta di pane a profumi di pasticceria, da sentori fruttati a speziati. La scala è lunga e talmente puntuale che taluni, affinando l’olfatto, arrivano a percepire addirittura odori negativi come quelli di catrame o di pelliccia.
Un mondo da approfondire, insomma, partendo dalle basi: quali sono le valutazioni sensoriali che ci permettono di riconoscere un buon espresso, chiediamo al nostro esperto? “Lo Iiac – ci risponde – ha messo a punto una Mappa Sensoriale del Caffè basata su una ricerca svolta su centinaia di assaggiatori con successiva validazione statistica dei dati emersi. La mappa permette una valutazione delle caratteristiche visive, olfattive, gustative e tattili (come il corpo, l’astringente, l’amaro e l’acido) dell’espresso italiano con grande rilevanza alla parte olfattiva, che è sviluppata come un albero per lasciare la libertà all’assaggiatore, o comunque al fruitore, di decidere a che livello di definizione degli aromi posizionarsi”.
A proposito di aromi
La scala aromatica della mappa è lunga e suddivisa in sette macro gruppi: empireumatico, ovvero fumo, bruciato, fritto; speziato; tostato come il cacao, il caramello o i cereali. C’è poi la categoria “frutta secca ed essiccata”, il vegetale, che tranne quando è legato agli odori balsamici è segnale sempre di problemi in tazza con aromi secchi, freschi, e lessi. Inoltre la nobilissima categoria di fiori e frutta fresca e, infine, i biochimici diversi, tutti difetti aromatici come l’ossidato della mela tagliata, i caseosi di panna e formaggio, i fenolici come il tappo, i terrosi, le muffe, gli odori animali, i fermentati, i putrefatti, i sulfurei, i basici come il gesso o il cemento per terminare con gli altri chimici tra cui spicca la plastica, il cartone e il carburante.
Come riconoscere un buon caffè?
Il gusto e l’olfatto sono importantissimi ma anche la vista può partecipare per valutare un buon espresso. Come si riconosce quindi una tazza “perfetta”? La definizione più efficace è quella per l’Espresso Italiano Certificato sviluppata dall’Istituto Nazionale Espresso Italiano di cui Gruppo Cimbali è socio fondatore: “l’Espresso Italiano si presenta alla vista con una crema di colore nocciola, tendente al testa di moro e distinta da riflessi fulvi. Questa crema ha una tessitura finissima, vale a dire che le sue maglie sono strette e sono assenti bolle più o meno grandi. All’olfatto ha un profumo intenso che evidenzia note di fiori, frutta, pane tostato e cioccolato, tutte sensazioni che si avvertono anche dopo la deglutizione, nel lungo aroma che permane per decine di secondi, a volte per minuti. Il gusto è rotondo, consistente e vellutato, l’acido e l’amaro risultano bilanciati senza che vi sia prevalenza dell’uno sull’altro”. E quando ciò accade, gustando un vero buon caffè, si è grati della magia che si cela in quella semplice tazzina.